AUDIO 18 - Ushabti
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AUDIO 18: Ushabti

Nelle tombe dei benestanti sono state rinvenute centinaia di statuette note col nome di ushabti, che significa “colui che risponde”. Gli abitanti dell’antico Egitto prestavano particolare attenzione al pericoloso viaggio da percorrere verso il regno di Osiride. Ma c’era qualcosa che li preoccupava tanto quanto il viaggio: la destinazione. Dopo la cerimonia della pesatura del cuore, il defunto infatti giungeva nei Campi di Iaru, che bisognava arare, seminare e mietere, perché la vita nell’aldilà era considerata come una copia della vita terrena, sebbene più spirituale; ma nessuno desiderava trascorrere l'eternità a lavorare. Per questo motivo, oltre ad amuleti e sortilegi, gli egizi riempirono le proprie tombe con gli ushabti, che avevano la funzione di andare a lavorare nei Campi di Iaru al posto del defunto e di rendere perciò la sua vita più confortevole nell’aldilà.

Le statuette funerarie, in forma di mummia, venivano normalmente realizzate in legno, fayence o terracotta. Esse portavano dipinto o inciso sul corpo il nome del proprietario e venivano rappresentate con piccole zappe o altri strumenti per lavorare la terra. Con il tempo le iscrizioni sugli ushabti vennero modificate: oltre al nome del defunto al quale appartenevano, recavano sul corpo anche la formula magica tratta dal capitolo 6 del Libro dei Morti: “Oh ushabti, se io sarò chiamato, se sarò incaricato dei lavori che si fanno nella città dei morti … come anche là è obbligo dell’uomo, cioè di coltivare i campi, far scorrere l’acqua dagli argini, trasportare la sabbia da oriente a occidente, allora di’ tu: Eccomi qui”. Il numero delle statuette deposte nelle tombe poteva variare a seconda della possibilità economiche del defunto. Nella tomba di Tutankhamon furono rinvenuti 413 ushabti. Il faraone poteva contare su 365 operai, uno per ogni giorno dell'anno; 36 capisquadra, uno per ogni squadra di 10 operai e 12 capi, uno per ogni mese dell'anno.